lunedì 23 giugno 2008

Il Pd di Pozzallo interviene sui tagli alla sanità cittadina (comunicato stampa).


Le procedure messe in atto dall’Assessore regionale alla Sanità, senza soluzione di continuità con il suo predecessore, per ripianare il deficit del settore colpiscono in modo sconsiderato anche la città di Pozzallo. La volontà manifestata di ridurre il numero ed il periodo di apertura delle Guardie mediche turistiche è una vera e propria scure che si abbatte, senza alcuna preventiva concertazione, anche sul presidio di emergenza/urgenza di Pozzallo colpendo in maniera immediata e diretta il diritto alla salute dei cittadini. Non è possibile accettare la paventata riduzione di attività delle Guardie mediche turistiche soprattutto nel periodo notturno, quando nelle località balneari come Pozzallo si intensifica il flusso dei visitatori. In questo modo oltre che abbassare di livello i servizi sanitari per i residenti si dequalifica in modo grave l’offerta turistica di una città, come quella di Pozzallo, nella quale il comparto dell’ospitalità rappresenta il volano dello sviluppo economico. Ed ancora, è inaccettabile l’esclusione di sei province siciliane, fra le quali quella di Ragusa, dall’avvio delle procedure concorsuali per l’assegnazione di nuove sedi farmaceutiche. Mentre una sentenza della Corte Costituzionale ha sbloccato l’iter per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche in diversi comuni della Sicilia, fra cui Pozzallo, fermo fino al 2003 a causa dell’eccezione di incostituzionalità promossa dal Tribunale Amministrativo Regionale di Palermo, l’Assessore regionale alla Sanità ha deciso che dal prossimo 11 luglio si attiverà lo svolgimento dei concorsi solo per la provincia di Messina e che da settembre partiranno le prove concorsuali limitatamente alle province di Agrigento ed Enna. In questo modo le restanti realtà territoriali, fra cui Pozzallo che attende l’apertura della quinta farmacia, rimarranno senza l’apertura dei presidi di cui hanno diritto. Infine i locali del Pronto soccorso di Modica, ai quali fanno riferimento i cittadini di Pozzallo, sono assolutamente inadeguati e risultano essere i peggiori fra tutti i presidi di Pronto soccorso della provincia di Ragusa, malgrado il presidio di emergenza/urgenza del Maggiore di Modica sia uno dei più importanti dell’intera Sicilia con un numero di accessi registrati che supera i trentamila annui. L’On. Roberto Ammatuna si è impegnato incontrando il Direttore Generale dell’Ausl n. 7, Fulvio Manno, per discutere della situazione della struttura del Pronto Soccorso di Modica, prospettandogli nell’occasione una nuova allocazione del Pronto soccorso nei locali dell’attuale reparto di radiologia, la cui unità operativa sarà trasferita nella nuova ala dell’ospedale. Non è possibile il protrarsi dell’attuale situazione con decine e decine di persone, in stato di sofferenza, che rimangono in attesa in locali inadatti e poco confortevoli quali sono al momento quelli del Pronto soccorso di Modica. L’onorevole Roberto Ammatuna ha, inoltre, presentato una interrogazione, a risposta scritta, al Presidente della Regione Sicilia e all’Assessore Regionale alla Sanità per conoscere i motivi dell’esclusione della provincia di Ragusa e di Pozzallo in particolare dall’avvio dei concorsi per l’assegnazione delle sedi farmaceutiche. Anche sulla paventata riduzione delle Guardie mediche turistiche l’On. Ammatuna ha fatto sentire forte la sua voce, dichiarando non solo il suo dissenso per la scelta operata dall’Assessore alla Sanità ma addirittura il proposito che questi presidi vengano invece potenziati. Il Partito Democratico di Pozzallo si ritiene fortemente impegnato su questi temi e si attiverà, nell’immediato futuro, a difesa del diritto fondamentale alla salute dei cittadini pozzallesi, non escludendo anche un loro diretto coinvolgimento in azioni di controllo e di protesta.


Il Partito Democratico di Pozzallo

In anteprima il programma del "Gay day" del 28 luglio

Non più “Gay Pride”. Si chiamerà invece “Gay Day” la manifestazione che si svolgerà a Pozzallo il 28 luglio, evento atteso e fortemente voluto dai membri del Coordinamento Rino Giuffrida e da Salvatore Milana, Presidente dell’Arcigay Ragusa.

Una richiesta , quella del cambio di nome, arrivata dall’Arcigay Nazionale, in quanto l’evento pozzallese si svolgerà, per esigenze di temporali, oltre il periodo in cui si svolgono a livello nazionale le manifestazioni dell’orgoglio gay. Appuntamenti che quest’anno si concluderanno il 5 luglio con Catania.

Cambia il nome ma non il senso più profondo di una manifestazione che, a detta dei suoi organizzatori, ha scelto Pozzallo perché rispetto ad altre realtà, forse più “aperta” e pronta al confronto e al dialogo rispetto a tematiche come la diversità, nei confronti del quale emergono ancora vecchi stereotipi e paure.

Tra gli ospiti attesi alcuni nomi di eccellenza tra i quali: Franco Grillino Presidente onorario Arcigay, Aurelio Mancuso Presidente Arcigay Italia, Paolo Patanè Presidente Arcigay Sicilia.

E ancora Agata Rustica Vice presidente Arcigay Sicilia, Angela Barbagallo Presidente Arcigay Siracusa e Riccardo Di Salvo Presidente Arcigay Catania.

Tra gli eventi che definiranno il programma della manifestazione anche la presentazione di “Stella del Sud”, ultima opera dello scrittore catanese Riccardo Di Salvo.

E poi “un anno di gaio operato”, stand informativo dove sarà possibile prendere visione di tutte le attività svolte dall’Arcigay di Ragusa, artisti di strada, musica live, mostre e poesia.

Mancherà, invece, la classica parata, elemento clou di ogni Gay Pride.

Una scelta degli organizzatori che rinunciano così all’ostentazione senza però rinunciare a quello che è l’orgoglio di essere se stessi e di mostrarlo agli altri con fierezza e senza vergogna, perché lo scopo di ogni “Gay pride” o “Gay Day” che si rispetti è quello di far si che quanti vivono la loro diversità con paura, non si sentino più soli.

(Nella foto in alto lo staff dell´Arcigay di Ragusa)

giovedì 19 giugno 2008

Ammatuna interviene sulle guardie mediche turistiche

Non è accettabile l’intendimento dell’Assessore regionale alla Sanità di ridurre il numero ed il periodo di apertura delle Guardie mediche turistiche. La scure dell’Assessore alla Sanità si abbatte, senza alcuna concertazione, sui presidi di emergenza/urgenza invece di trovare soluzioni alternative che non colpiscano in maniera così immediata e diretta la salute dei cittadini. Non è pensabile intervenire in maniera prettamente ragionieristica nel settore della sanità, tagliando in maniera indiscriminata servizi che contribuiscono a salvare la vita degli utenti. Non è possibile accettare la paventata riduzione di attività dei presidi di emergenza/urgenza soprattutto nel periodo notturno, quando nelle località balneari si intensifica il flusso dei visitatori. In questo modo oltre che abbassare di livello i servizi sanitari si dequalifica in modo grave l’offerta turistica di una realtà, come quella iblea, nella quale il comparto dell’ospitalità sta diventando il volano dello sviluppo economico. Non solo non accetteremo i tagli paventati dall’Assessore regionale alla Sanità ma chiediamo un potenziamento dei presidi di Guardia medica turistica già esistenti sul territorio. Invece di scherzare con la vita dei cittadini l’attuale Assessore alla Sanità farebbe bene ad indirizzare la sua attenzione verso altri e più dispendiosi capitoli di spesa”.

lunedì 16 giugno 2008

La verità negata del delitto Spampinato



Giovanni, giovane cronista dell’Ora e dell’Unità, fu ucciso in Sicilia il 28 ottobre 1972. Indagava su un altro omicidio Un caso da riaprire: Mafia e trame nere, nuovi documenti e una procura che non vuole vedere. Accade a Ragusa, oggi come 33 anni fa.

Quando Roberto Campria sporco di sangue e con la pistola ancora in pugno andò a costituirsi, denunciando se stesso per l’omicidio di Giovanni Spampinato, la notte tra il 27 e il 28 ottobre 1972 a Ragusa, in questura dovettero ricordarsi di quella denuncia a suo carico per porto abusivo di armi. Era rimasta nascosta negli uffici di Ps. Qualcuno corse a portarne una copia in procura appena fece giorno. Roberto era il figlio del presidente del tribunale di Ragusa Saverio Campria. Possedeva senza permesso un fucile e due pistole, altre due era andato a comprarle pochi giorni prima a Caltagirone. Erano la Erma calibro 7,65 e la Smith & Wesson calibro 38 con cui sparò a Spampinato che aveva 26 anni ed era un giornalista, corrispondente dell’Ora di Palermo e dell’Unità. Nella primavera di quel 1972 Spampinato aveva pubblicato diverse inchieste sui neofascisti del sud est siciliano, sui loro rapporti con la mafia e gli affari del contrabbando, aveva scoperto un canale che collegava Siracusa alla Grecia dei colonnelli. Si trattava di Xenofòn Mephalopoulos, console greco in Sicilia con attività che andavano dall’edilizia al calcio all’antiquariato, soprattutto buon amico del sindaco Dc Giuliano. Su L’Ora di Vittorio Nisticò - quel piccolo grande giornale di inchiesta dove sono cresciuti tanti cronisti e tre sono morti ammazzati dalla mafia (prima di Spampinato, Cosimo Cristina e Mauro De Mauro) - Spampinato aveva raccontato delle visite a Ragusa del latitante neofascista Stefano Delle Chiaie e di Vittorio Quintavale, ex X Mas interrogato dalla polizia dopo un altro omicidio, avvenuto sempre a Ragusa all’inizio di quel 1972 e che è legato a doppio filo all’omicidio di Giovanni Spampinato.

A morire, il 25 febbraio 1972, per un colpo di pistola alla fronte era stato l’ingegnere Angelo Tumino, il cadavere fu trovato in piena campagna. Tumino era stato consigliere comunale del Msi e aveva partecipato senza troppa fortuna ad alcune speculazioni edilizie nella zona di Modica. Poi aveva iniziato una misteriosa attività di antiquario, comprando non si sa con quali soldi tantissimi oggetti d’arte e di valore che stipava in diversi magazzini. Il primo ad essere interrogato per quel delitto, poche ore dopo il ritrovamento del cadavere, fu Roberto Campria. Il figlio del presidente del tribunale era il miglior amico di Tumino, era frequente vederli uscire insieme per battute di caccia antiquaria. Anche il giorno dell’omicidio?

A sentire una testimone diretta sì. La signora Elisa Ilea vide Tumino uscire da casa quel pomeriggio, in un’ora molto prossima a quella dell’omicidio, in compagnia di un giovane che aveva queste caratteristiche: nome di battesimo Roberto, età intorno ai trent’anni, capelli corti, frequentazione assidua con la vittima, automobile chiara di piccola cilindrata targata Ragusa. In più la testimone davanti al magistrato riconobbe in foto il Campria. Era lui con Tumino, nonostante il figlio del giudice insistesse col dire di averlo visto l’ultima volta cinque giorni prima. Ma al magistrato che ebbe in sorte l’inchiesta, il sostituto procuratore Agostino Fera, tutto questo non bastò. Fera, nonostante altri indizi, non fece niente. E non fece niente nemmeno quando Campria, una settimana prima di uccidere Spampinato, andò a trovarlo in procura raccontandogli di aver ricevuto strane proposte da persone «sconosciute» che volevano coinvolgerlo in un traffico di sigarette e di una misteriosa valigetta. Niente, salvo anche lui correre ai ripari dopo l’omicidio Spampinato, con una nota informale inviata alla procura generale di Catania per raccontare i fatti e concludere di aver suggerito a Campria di rivolgersi alla Guardia di Finanza.

Così Roberto Campria fu lasciato libero di colpire. Ma probabilmente era tutt’altro che libero, perché ricattato da chi sapeva il come e il perché dell’omicidio Tumino. Dopo l’assassinio Spampinato, i veleni nei palazzi giudiziaria di Ragusa si fecero così carichi che il giudice Saverio Campria scrisse un memoriale destinato al Csm. Nel quale tra l’altro si leggeva: «Durante l’istruttoria sul delitto Tumino, verso la fine di settembre, mio figlio si è fatto ricevere dal sostituto procuratore Fera (...) lo stesso sostituto ha detto a mio figlio che in un certo momento era stato disposto un provvedimento di fermo per lui e per altre quattro persone, provvedimento che era stato ritirato per un riguardo a me». Fera naturalmente smentì tutto quando la notizia uscì su La Sicilia .

Nelle sue cronache sull’omicidio Tumino, Giovanni era stato il primo, anzi l’unico a dare conto dei sospetti sul figlio del presidente del tribunale. Negli otto mesi che separarono i due omicidi, Roberto Campria prima querelò (senza successo) Spampinato, poi cominciò ad assillare il giornalista promettendogli rivelazioni e insistendo perché lo scagionasse nei suoi pezzi. Infine lo uccise.

Per il suo delitto fu condannato a 14 anni, ne scontò meno della metà. Dopo 33 anni l’inchiesta sull’omicidio Tumino potrebbe essere riaperta, e anche la verità sui mandanti dell’omicidio Spampinato potrebbe tornare a galla. C’è un ostacolo, però, come hanno denunciato in un’interrogazione al ministro della Giustizia i deputati del Pdci: Agostino Fera è sempre a Ragusa, è lì da 37 anni e da 13 è il procuratore capo. Le novità non le vede di buon grado, nemmeno la massa di documenti nuovi che un giornalista ostinato e coraggioso come Carlo Ruta sta raccogliendo nei suoi libri e su internet (un primo sito gli è stato oscurato, ora c’è leinchieste.com). Anzi, quando l’anno scorso ha deposto a Messina in un procedimento contro Ruta, Fera ha persino offeso la memoria di Giovanni: «I giornali potevano scrivere quello che volevano - ha detto -, i giornali purtroppo hanno causato poi il secondo omicidio (quello di Spampinato, ndr)».

Titolava L’Ora a tutta pagina la sera di quel 28 ottobre: «Assassinato perché cercava la verità». E Vittorio Nisticò scriveva: «Nella sua città era accaduto un torbido delitto maturato negli ambienti dell’estrema destra ragusana e Spampinato invece di registrarlo pigramente sulla scorta delle solite veline di polizia si era impegnato ad andare fino in fondo nella ricerca della verità (...) E’ il prezzo del coraggio e della verità ch’è terribilmente alto in Sicilia, per un giornale e per dei giornalisti che intendono compiere il loro dovere rifiutando la regola del lasciar correre e del vischioso compromesso».

Lo storico Carlo Ruta ha da sempre cercato di fare luce su questo delitto e ne sta pagando tutte le conseguenze. Il giudice Patricia De Marco lo ha recentemente condannato per il reato di stampa clandestina.

Secondo la Legge sulla stampa il reato lo commette chiunque intraprenda la pubblicazione di un giornale o altro periodico senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta. Premesso che l'aggettivo "clandestino" per la stampa ha sempre uno sgradevole sapore censorio e andrebbe quantomeno sostituito dal termine "irregolare" anche per segnare la differenza con le pubblicazioni clandestine della prima metà del novecento, fino ad ora questo principio eravamo abituati a vederlo attribuire ai giornali cartacei, che nella cosiddetta "gerenza" mancano degli elementi che li contraddistingono come "testate".Oggi, per la prima volta in Italia, e probabilmente anche in Europa, il reato ha riguardato il web: lo storico Carlo Ruta è stato infatti condannato dal Tribunale di Modica ad una pena pecuniaria per un blog (www.accadeinsicilia.net) con l'accusa di periodicità non regolare."Quale irregolarità? In nome di quale principio si applica il criterio della periodicità ad un blog?", si chiede lo storico intervistato da Articolo21.

C'è il sospetto che la motivazione della chiusura del blog e della condanna dello storico non sia tanto di ordine tecnico o burocratico.

La condanna dello storico Carlo Ruta rappresenta un gravissimo precedente in un momento nel quale la libera informazione sta per essere imbavagliata ulteriormente da leggi totalmente censorie. Un regime mediatico a cui va contrapposto un rinnovato impegno civile a salvaguardia della libertà di informazione che veda coinvolti gli addetti ai lavori e chiunque stia operando per una società libera e realmente democratica.

giovedì 12 giugno 2008

Troppe vite spezzate

Ancora morti sul lavoro. Ancora vite spezzate. Questa volta è la Sicilia a pagare il tributo più alto, sei morti sui nove che in 24 ore ehanno unito l'Italia.

Sei operai che lavoravano nel depuratore consortile di Mineo, a 35 km da Catania, sono morti mentre stavano pulendo una vasca. A strapparli alla vita sarebbero state le sostanze tossiche inalate durante l'operazione di lavaggio.

L'incidente ricorda un'altra tragedia che aveva ucciso, quasi tre mesi fa, cinque operai. Anche in quel caso gli operai di Molfetta, luogo della strage, erano alle prese con la pulitura di una cisterna destinata al trasporto di zolfo. Anche in quel caso la morte fu causata dalle sostanze tossiche sprigionate da solventi come l'idrogeno solferato.

Dei sei operai quattro erano dipendenti del Comune: Salvatore Pulici, Giuseppe Zaccaria, Natale Sofia e Giuseppe Palermo, e due di una ditta privata di Ragusa: Salvatore Tumino e Salvatore Smecca.
Stavano pulendo una vasca in un depuratore consortile dove venivano raccolte le acque reflue del paesino etneo a 35 chilometri dal capoluogo.
"I sei operai - ha spiegato il comandante dei vigili del fuoco di Catania, Salvatore Spanò - stavano svuotando la vasca dalla melma contenuta sul fondo perché evidentemente ci sarà stato un guasto. Avevano tolto, quindi, la griglia di protezione e messo una scala per scendere. A quel punto, probabilmente, il primo e secondo operaio si sono sentiti male per effetto delle esalazioni tossiche. E' attendibile che poi gli altri quattro abbiano cercato di aiutare i colleghi, perdendo però a loro volta la vita". Spanò ha inoltre aggiunto che "la vasca si è presentata semivuota e i sei cadaveri adagiati, alcuni con la faccia rivolta in aria. Sono tutti irriconoscibili perché impregnati di fango".

Durante la giornata tre morti sono avvenute nel Nord Italia e in Sardegna .Un operaio della ditta Intergeos stava lavorando in una piazzola di emergenza al km 168 dell' Autosole tra Modena sud e Modena nord, quando è stato investito e ucciso da un mezzo pesante. Un agricoltore ha perso invece la vita in un incidente verificatosi in località Salcido di San Salvatore Monferrato (Alessandria). L'uomo era a bordo di un trattore che trainava uno spargiconcime ed é rimasto schiacciato tra il mezzo agricolo e l'attrezzo. Infine, Francesco Ziranu, un operaio di 46 anni, è morto in ospedale a Nuoro dove era stato ricoverato dopo la caduta da un ponteggio nel centro di Orani.

"Basta con le stragi sul lavoro" ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano di fronte al terribile incidente di Mineo. Dal Quirinale c'è stato un filo diretto con la prefettura di Catania per seguire gli accertamenti sulla dinamica dell'incidente e per esprimere solidarietà ai familiari delle vittime.

"È una tragedia orribile che colpisce e ferisce la coscienza di tutti noi. Sei operai, sei uomini morti così, uno dietro l'altro, devono essere un monito: lavorare non deve voler dire morire e quando succede significa che tante cose non hanno funzionato”. Così il segretario del Partito Democratico, Walter Veltroni, commenta l'accaduto. “Le leggi – continua la nota diffusa - , anche per iniziativa del precedente governo, ci sono e occorre farle funzionare soprattutto per prevenire e controllare, per impedire situazioni di terribile pericolosità. Ora il mio pensiero va a quei sei operai uccisi e alle loro famiglie”.
Parole simili arrivano dai sindacati, che ricordano come l'Italia a parità di lavoratori abbia il doppio di morti degli altri paesi europei, e difendono il testo sulla sicurezza sul lavoro.

Anche Guglielmo Epifani, segretario generale della Cgil, chiede di non rimettere mano al testo Unico sulla sicurezza.

Sulla necessità, e l'urgenza, di attuare nella loro interezza le norme già varate dal governo Prodi, è d'accordo anche il presidente dei senatori PD, Anna Finocchiaro. “Il Governo – afferma la senatrice - ha gli strumenti per colpire tutte le aziende che non rispettano le regole sulla sicurezza del lavoro. Le misure ci sono e sono certa che l'attuale esecutivo agirà per fermare questa scia di morte”.
Ed è proprio sulle azioni concrete che si sofferma l'intervento del senatore PD Paolo Nerozzi. Oggi, infatti, la Commissione lavoro del Senato "ha approvato all'unanimita' l'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro e sulle morti bianche- fa notare Nerozzi- ma è urgente che anche l'aula del Senato dia il via libera alla Commissione affinché si avvii immediatamente l'inchiesta utile ad approfondire le reali cause che portano il fenomeno a raggiungere, nel nostro Paese, dimensioni particolarmente gravi".

Anche il senatore del PD, Achille Passoni, ricordando le responsabilità del nuovo esecutivo, commenta la notizia della morte di sei operai del piccolo comune in provincia di Catania. Il governo e il ministro Sacconi, afferma, "devono convincersi che occorre forza e determinazione per arginare il drammatico fenomeno delle morti bianche e che occorre proseguire sulla strada indicata dal decreto sulla sicurezza nei luoghi di lavoro approvato dal governo Prodi".

Commissione d'inchiesta sulle morti bianche al via. C'è stato un sì unanime all'istituzione della Commissione d'inchiesta per le morti bianche. Il Presidente della Commissione Lavoro del Senato, Pasquale Giuliano ha sottolineato l'importanza dell'approvazione all'unanimità in Commissione Lavoro, in sede referente, dell'istituzione della Commissione parlamentare d'inchiesta sugli infortuni sul lavoro.

martedì 10 giugno 2008

Arrivano i big...

Domani sera,alle ore 19.30,il segretario del Partito Democratico,Walter Veltroni,sarà con noi a Comiso presso il comitato di Gigi Bellassai in via Ho Chi Min.Giovedì 12,ore 20,comizio di Massimo D'Alema in piazza Diana,sempre a Comiso.
Vi è una grande differenza tra chi è accusato di disinteressarsi del sud e smentisce le accuse partecipando ad una miriade di iniziative organizzate da Napoli in giù e chi,invece, gioca a fare il sudista e poi si fa scippare da Berlusconi i finanziamenti già stanziati per le opere della nostra Sicilia. Dall'altra parte c'è chi crede che un video in cui dimostra di essere amico del Presidente del Consiglio sia sufficiente per vincere le elezioni. Perchè Berlusconi non è venuto in Sicilia? Tra l'altro non riesco proprio a capire dov'è che Scucces abbia conosciuto così bene il Presidente del Consiglio; temo proprio che si stia ripetendo lo stesso canovaccio, con Sulsenti che ha da sempre vantato amicizie intime con Lombardo senza però riuscire ad avere un solo euro da don Raffaele.

lunedì 9 giugno 2008

Comunicato stampa

Per la prima volta da quando si è insediato i cittadini possono ringraziare il Sindaco delle tasse. Preso dalla frenesia elettorale, il Sindaco delle tasse ha sbagliato la i conti nel Bilancio Preventivo 2007, votato solo dalla sua maggioranza. Ha aumentato le tasse ai cittadini, ma questa volta in ritardo. Il Ministero dell'Economia LO HA BOCCIATO. L’aumento dell'addizionale comunale Irpef per il 2007, è illegittimo, con il risultato che i cittadini non hanno pagato per l'anno 2007 l'aumento del tributo. In questo modo alle casse comunali vengono a mancare quasi 60.000 euro di entrate, da conteggiare nel bilancio consuntivo 2007 in fase di redazione, l'equivalente di quanto hanno risparmiato i cittadini per l'incapacità di questa Amministrazione comunale. Questa volta almeno l'inettitudine del Sindaco delle tasse ha avuto un risvolto favorevole per le tasche dei cittadini, avvalorando così la tesi di chi ne sostiene l'inefficienza. Se per l'addizionale comunale Irpef non si è riusciti nemmeno a rispettare le normative vigenti, se per la concessione del mercato ortofrutticolo ad una società privata si sono stilate diverse deliberazioni contraddittorie fra loro bloccando di fatto ogni attività, appare chiaro che il caos regna sovrano all'interno dell'Amministrazione comunale e che le idee del Sindaco delle tasse sono poche e ben confuse.

Comunicato stampa

L’abbandono di un assessore, il disimpegno palese di un altro, la fuoriuscita del consigliere Casella dalle fila della maggioranza, hanno letteralmente mandato in tilt l'amministrazione comunale di Pozzallo. Venerdì, per ben due volte, e sabatodefinitivamente, il Consiglio Comunale non ha potuto raggiungere il numero legale per la validità della seduta a causa delle forti defezioni presenti tra le file della maggioranza. La discussione avrebbe riguardato temi di primaria importanza: il pagamento delle somme spettanti ai lavoratori delle cooperative sociali, la revoca della delibera contro i ticket sulle fasce deboli della cittadinanza, la revoca dei ticket per gli studenti pendolari, la istituzione del segnale per il digitale terrestre, la raccolta di firme e le petizioni effettuate dal movimento Pozzallo Giovane. "Tutto vanificato dall'assenza dei consiglieri del Mpa - denunciano Partito Democratico , Il Timone. Pozzallo Giovane. Noi per Pozzallo eVivere per Pozzallo -. La maggioranza, spaccata al proprio interno, non ha raggiunto i numeri per fare in modo che la seduta risultasse valida e al segretario generale non è rimasto altro da dire se non che il Consiglio Comunale non poteva effettuarsi per mancanza del numero legale. Dopo un anno di funesta amministrazione, ora anche la maggioranza in Consiglio Comunale precipita nel tunnel della litigiosità intestina, annullando persino la mozione di un loro consigliere".

martedì 3 giugno 2008

Stop al governo


"Berlusconi, con le sue parole di oggi, cancella il reato di immigrazione clandestina. Dà ragione così a quanto ha detto l'opposizione, e alle altre voci critiche che si erano levate, e contemporaneamente dà torto a quanti nella sua maggioranza si erano intestarditi in questa formulazione". Walter Veltroni commenta così quanto affermato dal presidente del Consiglio che, dopo le dure critiche ricevute, tra gli altri, da Onu e Vaticano, ha annunciato che l'immigrazione clandestina non sarà un reato ma un'aggravante.

Anche il vicesegretario del PD Dario Franceschini è intervenuto sulla questione, ricordando che "noi lo diciamo già da molto, prima delle critiche al provvedimento da parte dell'Onu, del Vaticano e di altre autorevoli istituzioni: il reato di clandestinità rischia d'intasare il nostro sistema giudiziario, di essere inefficace e di suscitare il disappunto degli osservatori internazionali. Noi vediamo con positività un ripensamento sostanziale all'interno della maggioranza. Ma se non è così - avverte - noi siamo pronti a continuare la battaglia".

Anna Finocchiaro osserva che nel Pdl "c'è un momento di sbandamento" sull'intera questione immigrazione. "Si tratta di una questione molto delicata. Noi politici facciamo distinzioni molto sottili e arriviamo a elaborare categorie più o meno sofisticate per inquadrare il fenomeno. Distinguiamo fra clandestini extracomunitari o comunitari, nomadi o meno, ma mai ci chiediamo che cosa filtri di tutto questo nel sentimento comune. Questo sentimento del diverso nell'opinione pubblica rischia di prescindere da tutte queste distinzioni. Per questo bisogna farsi carico del tema della sicurezza, certamente, ma anche dell'anima del Paese".

La condanna di Nazioni Unite e Vaticano: atteggiamenti xenofobi e intolleranti
Stop all’Italia dall’Onu e dal Vaticano. Il controverso reato di clandestinità, inserito nel pacchetto sicurezza presentato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni, continua a fare discutere. Ed oltre all’Unione Europea, ai partiti d’opposizione e a gran parte dell’opinione pubblica, questa volta a prendere posizione sono due degli enti transnazionali maggiormente influenti al mondo. Prima il Vaticano, per voce di Monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti, poi le Nazioni Unite, nella persona dell’Alto commissario per i diritti umani Louise Arbour.

Particolarmente dure le parole di quest’ultima, che condanna la decisione di “rendere reato l'immigrazione illegale”. Intervenendo al Consiglio dell'Onu a Ginevra, l'Alto Commissario ha invitato a respingere, da un lato, “le politiche repressive”, dall'altro “gli atteggiamenti xenofobi e intolleranti” contro immigrazione irregolare e minoranze. “Esempi di queste politiche e atteggiamenti - ha quindi affermato Arbour - sono rappresentati dalla recente decisione del governo italiano di rendere reato l'immigrazione illegale e dai recenti attacchi contro i campi rom a Napoli e Milano”.

Un'altra stoccata era arrivata in precedenza da Monsignor Agostino Marchetto, segretario del Pontificio Consiglio per la Pastorale dei migranti, che ha affermato che gli immigrati clandestini “non dovrebbero essere privati della libertà personale o soggetti a pena detentiva a causa di un'infrazione amministrativa. In una recente intervista - ha aggiunto - auspicavo in Italia, e non solo naturalmente, un equilibrio tra sicurezza e accoglienza. Possiamo ora dilatare questo auspicio introducendo solidarietà, senso umano e giustizia”.

Le critiche rivolte al governo da Nazioni Unite e Vaticano, come già più volte successo fin dall’inizio della legislatura, ha ottenuto il risultato di aver spaccato la maggioranza. A onor del vero, però, questa volta sembra prevalere, purtroppo, la linea dell’intransigenza. E mentre il ministro degli Esteri Franco Frattini, ormai radicato nel ruolo di “estintore” delle polemiche che arroventano il governo Berlusconi, parla di critiche premature, il fronte dei “falchi” di An e della Lega, non pare avere alcuna intenzione di indietreggiare. Il vicepresidente dei deputati del Pdl Italo Bocchino decanta le lodi del reato d’immigrazione clandestina, definendo, con scarsa attenzione per la successione logica dei termini a cui si riferisce, la condizione di clandestinità come “criminogena”.

A confermare la volontà del governo è il ministro per le Politiche comunitarie Andrea Ronchi: “Il reato di immigrazione clandestina c’è e ci sarà. Niente farà fare un passo indietro al governo e l’Italia non potrà mai essere un paese razzista e xenofobo”. Non tutti, dentro la maggioranza, la pensano così. La prima voce fuori dal coro è quella del deputato del Pdl Antonio Mazzocchi, Presidente dei Cristiano Riformisti: “Il reato di clandestinità – dice – è inserito in un Ddl che deve essere discusso e approvato dal Parlamento solo dopo un attento dibattito che veda superate tanto le perplessità dei giuristi della nostra coalizione, quanto i dubbi espressi da personalità come Mons. Agostino Marchetto. Bisogna rispettare il nostro programma elettorale – afferma, in riferimento alle parole di Ronchi – cercando di evitare provvedimenti ciechi e blindati”.

Un invito affinché il governo rifletta bene sul da farsi arriva anche dalle fila del Partito Democratico. A commentare le parole di Onu e Vaticano è la capogruppo PD al Senato Anna Finocchiaro: “Il tema della sicurezza è uno dei temi fondamentali dell'oggi e la garanzia di sicurezza è uno dei fondamenti della convivenza civile in una società moderna. Misure forti e importanti sono assolutamente necessarie e in Parlamento faremo la nostra parte. E’ necessario però fare attenzione a non oltrepassare i limiti di convivenza e di umanità e le parole della Chiesa e delle Nazioni Unite devono servire a tutti da monito". Anche Marina Sereni, vicecapogruppo del PD alla Camera: “Non serve la propaganda per combattere l’immigrazione clandestina, ma misure serie e collaborazione con gli altri Paesi europei. In Parlamento - conclude - contrasteremo il reato di immigrazione clandestina e il governo farebbe bene a riflettere sulle critiche”.